NeofascistiStoria e Memoria

10 Febbraio 1947-2020: 73° anniversario del Trattato di Pace di Parigi

l presente lavoro, a cura della Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco, verrà aggiornato nel corso del 2020 in quanto nel corso dell’anno verranno presentate importanti pubblicazioni scientifiche sul tema.

 

10 Febbraio 1947-2020: 73° anniversario del Trattato di Pace di Parigi


“Compagno!
Quando vedrai piangere mia madre
dille di non piangere.
Non sono solo
giace con me
un compagno jugoslavo.
Nessuno ardisca gettare fango
sul sangue versato
nella lotta comune.”

[Poesie bilingue incisa sulla lapide del cippo eretto per gli italiani Caduti nella lotta di Liberazione, nel cimitero Mirogoj di Zagabria]

Il 10 febbraio 1947 venne firmato a Parigi il Trattato di Pace tra gli Alleati vincitori della Seconda Guerra Mondiale e i Paesi sconfitti alleati del Terzo Reich tedesco, tra cui l’Italia, che doveva pagare le colpe del fascismo di Mussolini, coautore della guerra totale e razzista che aveva provocato 55 milioni di morti, generando oppressione, miseria, fame, terrore, distruzione a fianco dei nazisti per 3 su 6 anni di guerra.

Tra i Paesi vincitori, invece, sedeva la Jugoslavia, che aveva sviluppato fin dal 1941, dopo l’invasione italiana, una Resistenza partigiana divenuta con il tempo la più forte e organizzata d’Europa. Una decina di Partigiani jugoslavi riposano nel Campo della Gloria del Cimitero Monumentale di Torino, Caduti sulle nostre montagne lottando per la Libertà anche al nostro fianco, simbolo dell’unità fraterna dei popoli europei: i loro nomi sono Bukvic Savo, Dabanovic Velizar, Dolovac Visica, Gregors Frano, Mencak Adolf, Radunoc Djuro, VisijanovicIlija Davide, Aleksic Miodrag. A questi uomini va il nostro pensiero e la nostra gratitudine per essersi sacrificati per la nostra libertà e aver scritto alcune delle pagine migliori della nostra storia.

In Italia il 10 febbraio è il “Giorno del Ricordo” delle foibe, dell’esodo e delle più complesse vicende del confine orientale, stabilito con la Legge 92/04, che fu proposta dai neofascisti di AN (ex MSI, fondato dai fascisti alleati dei nazisti) a più riprese fin dai primi anni ’90.

Il testo definitivo del 2001, presentato sotto il Governo Berlusconi, era accompagnato da una relazione in cui si esaltava il ruolo svolto dalla Decima Mas e dal Battaglione Bersaglieri “Mussolini” nella “difesa dei confini orientali” tra il 1943 e il 1945, formazioni militari che hanno proseguito la guerra al fianco dei nazisti fino alla fine del conflitto.

Grazie alla Legge 92/04 è stato dato un riconoscimento con medaglia al valore da parte della Repubblica a circa 300 nazifascisti, tra cui alcuni criminali di guerra responsabili di genocidio contro le popolazioni della Jugoslavia, aggredita dall’Italia monarchico-fascista nel 1941: all’anno 2019, su 354 riconoscimenti concessi dal Governo, il 77% risulta essere personale militare fascista o civile alle dirette dipendenze dei nazisti, il 21% sono persone morte o scomparse lontano dal contesto del confine, il 2% addirittura sono persone uccise dai nazisti durante i rastrellamenti e messi in mezzo per fare numero.

Una questione storica si è trasformata in una questione politica, innestandosi sul fatto che l’Italia non ha mai fatto fino in fondo i conti con il fascismo: le forze reazionarie e neofasciste hanno tentato di inserire il “giorno del ricordo” in un più ampio progetto di ridefinizione dell’identità nazionale italiana, equiparando i morti nazifascisti ai Caduti della Guerra di Liberazione 1943-1945 che conquistarono a caro prezzo la libertà, la Costituzione, la democrazia.

La propaganda viene portata avanti al grido di “sono tutti morti italiani” e “partigiani jugoslavi assassini”, criminalizzando la più forte Resistenza europea – quella jugoslava guidata da Tito, che vide anche 40.000 partigiani italiani tra le sue fila – e riscrivendo la storia della Seconda Guerra Mondiale semplificandola quale conflitto tra Stati: in questo modo i partigiani diventano traditori assassini e i nazifascisti martiri da onorare.

Si parla di foibe ormai mediaticamente, in modo strumentale e senza conoscere la complessità della storia, sempre più spesso da parte di neofascisti e revisionisti che hanno usato e usano i loro ruoli istituzionali per promuovere sul piano pubblico la versione fascista, cioè politica, di quelle vicende, selezionando le memorie ammesse ed escludendo quelle diverse o contrarie, che vengono definite di volta in volta “negazioniste”, “riduzioniste”, “giustificazioniste”.

Anche tenendo conto dell’ignoranza della quasi totalità del popolo italiano su queste tematiche, il “giorno del ricordo” si è via via affermato come una ricorrenza nazionalista, una giornata del revisionismo della storia in senso antipartigiano, in molti casi addirittura come la giornata dell’orgoglio neofascista, con vere e proprie parate militari da parte di organizzazioni come Casapound, Forza Nuova, Lealtà e Azione, Fratelli d’Italia, come avviene ad esempio a Torino dal 2010.

Negli ultimi anni sono aumentate in tutta Italia anche le minacce neofasciste ai convegni promossi dall’ANPI e addirittura si invoca lo scioglimento dell’Associazione accusata di “negazionsimo”.

L’ANPI ha denunciato le strumentalizzazioni della giornata, promuovendo iniziative culturali e convegni specifici di elevata qualità storiografica e documentale a difesa della Storia e della Pace, giungendo nel 2015 a invocare la sospensione della Legge 92/2004 anche a livello nazionale.

In allegato:

Da segnalare per approfondimenti a breve termine:

Libri:
Foibe. Una storia d’Italia, di Joze Pirjevec, 2009, Einaudi

Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi,di Federico Tenca Montini, 2014, Kappa Vu

Video:

Partizani, di Eric Gobetti, 2015, documentario con testimonianze di partigiani italiani in Jugoslavia
Fascist Legacy, L’eredità fascista, documentario sui crimini italiani in Africa e Jugoslavia e sull’impunità dei criminali di guerra italiani, 1989, BBC

 

Smrt Fasizmu, Svoboda Narodu!

Morte al fascismo, Libertà al Popolo!

“Sulla sinistra, sparpagliate a mezza costa, le catapecchie di Kolarc Selo, aggrappato al focolare distrutto, dentro il recinto delle case incendiate… ho deciso di fermarmi… Mi basta un po’ di riposo. E la casa chi t l’ha bruciata, gli italiani? Dice di no, sono stati gli ustascia. Meglio così, sono italiano anch’io, anche se partigiano. E lui è serbo. Come la vecchia e la moglie e la figlia. Gliel’hanno ucciso, il fratello; era un contadino in età, che non s’occupava d’altro che del suo campo. E glielo hanno ucciso. Chi? Me lo racconta: <<Vedi quel campo laggiù, sopra la strada?… Passò uno squadrone di cavalleria italiana; tornavano da una spedizione punitiva a Veljun, furiosi d’aver fatto fiasco. Mio fratello alzò la testa dall’aratro per guardare tutti quei cavalli. Lo presero, l’attaccarono per i piedi alla coda di un cavallo via al galoppo. Lo lasciarono due o tre chilometri in là. La strada è sassosa>>. Ed io italiano sono in casa sua. Ancora non lo sa che sono italiano; ma me lo domanda perché è straniero il mio accento. E non dice nulla. Ma ho la vergogna in gola… Il sole scende dietro il monte; la luce s’é indorata; è bella d’oro perfino la catapecchia del contadino serbo straziato dagli italiani. L’ora di cena. Dal fornello d’argilla esce un pugno di patate arrostite… Non mi offrono nulla e non sento fame; solo disagio. Sbucciano e masticano lentamente in silenzio. La figlia è uscita. Forse pensano che anch’io sono italiano… il ritorno della figlia dopo mezz’ora… e mi mette davanti pane, formaggio fresco e latte: Eppure sono italiano, e loro di certo quella roba non l’hanno mangiata da anni; chi sa dove l’ha trovata! Non ho il coraggio di mangiare. Penso al fratello ucciso. Non ho coraggio nemmeno dopo che mi dice: <<Mangia compagno>>, e non tocco nulla nemmeno quando lo ripete. E allora mi guarda; e capisce, lui, il contadino serbo…: <<Mangia compagno>>, mi dice lentamente, <<quelli non erano italiani; erano fascisti. Tu sei italiano, tu sei un nostro compagno>>. Sono parole grandi come le montagne…”
[Eravamo in tanti, Milano 2011, di Eros Sequi]