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28 dicembre 1943: ricordiamo l’eccidio dei fratelli Cervi

Ricordiamo oggi la famiglia Cervi, contadini antifascisti, ed in particolare i sette fratelli, barbaramente trucidati dai nazifascisti settantasei anni fa, il 28 dicembre 1943.

Originari di Campegine (Reggio Emilia), nel 1934 avevano preso in affitto un terreno in zona Campi Rossi nel Comune di Gattatico, lavorandovi con impegno e intelligenza: applicavano moderne tecniche agricole apprese in lunghe e attente letture; primi nella zona, nel 1939 avevano acquistato un trattore a cui si aggiunse un secondo nel 1941. I Cervi erano da sempre convintamente antifascisti: il padre Alcide, la madre Genoeffa Cocconi, profondamente religiosa, e sopratutto il loro figlio Aldo, avevano infuso in tutta la famiglia un sentimento di naturale e convinta avversione alla prepotenza e alla violenza fascista.

Tutto questo, insieme ai sempre crescenti contatti con l’opposizione al regime, aveva attirato su di loro le attenzioni delle autorità fasciste.

Il 25 luglio 1943, in occasione della caduta del regime, la famiglia Cervi organizzò la famosa “pastasciuttata” invitando tutta la popolazione del paese sull’aia di casa.

La loro attività antifascista ormai non si limitava più alla semplice opposizione politica; casa Cervi era divenuta base logistica, deposito di armi e rifugio di partigiani della Resistenza locale.

Il 25 novembre 1943 la milizia fascista incendiò e distrusse la casa, conducendo i sette fratelli al carcere di Reggio Emilia e abbandonando a sé stessi donne e bambini. Il padre non volle abbandonare i figli e li seguì in cella.

Insieme a loro venne arrestato anche Quarto Camurri, ventenne, divenuto antifascista e attivo componente della “banda Cervi” dopo essere stato per pochi giorni nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Divenne partigiano come molti altri giovani italiani, che avevano subito il fascino del bugiardo richiamo fascista alla Patria tradita, ma in breve tempo avevano preso coscienza della vera natura del nazifascismo.

I fratelli Cervi e Quarto Camurri vennero condannati a morte e fucilati alle ore 6,30 del del 28 dicembre 1943. Alcide Cervi venne a sapere della sorte dei figli solo una volta tornato presso la famiglia. “Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti”: queste le sue parole a commento. Da quel momento, furono le quattro vedove dei fratelli e gli undici nipoti a lavorare la terra insieme ad Alcide, mettendo in pratica le sue parole.

Dopo la fine del conflitto, papà Cervi partecipò per lungo tempo alle attività antifasciste e partigiane, e si adoperò per la diffusione e la conoscenza dei valori della Resistenza. Ai suoi funerali nel 1970 parteciparono 200.000 persone.

Ricordare dopo settantasei anni l’eccidio dei fratelli Cervi non serve solo a celebrare il loro sacrificio contro la prepotenza del passato regime, ma deve sopratutto insegnare come essere antifascisti oggi, per la democrazia e il rispetto della Costituzione, quando l’antico nemico si ripropone in forme nuove, si presenta -falsamente- come forza antisistema, disprezza la legalità costituzionale e sfrutta il disagio dei più deboli per imporre il proprio disegno autoritario e antidemocratico.

Gelindo Cervi (7 agosto 1901)
Antenore Cervi (1906)
Aldo Cervi (15 febbraio 1909)
Ferdinando Cervi (1911)
Agostino Cervi (11 gennaio 1916)
Ovidio Cervi (13 marzo 1918)
Ettore Cervi (2 giugno 1921)
Quarto Camurri (Guastalla, 5 novembre 1921)

Per saperne di più:
http://www.istitutocervi.it/2014/09/16/unicona-sola-ma-sette-biografie-piu-una/
http://www.istitutocervi.it/2014/09/16/la-storia-dei-cervi/
http://www.memorieincammino.it/persone/quarto-camurri/