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L’ A.N.P.I. Grugliasco per la difesa dei diritti costituzionali: i “Decreti Sicurezza” non sono stati aboliti

 L’A.N.P.I. Grugliasco per la difesa dei diritti costituzionali: i “Decreti Sicurezza” non sono stati aboliti

 

Articolo 10 della Costituzione italiana
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”

Articolo 33, comma 1 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, Ginevra, 1951
“Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”

Articolo 17 della Costituzione italiana

“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”

Il 5 ottobre scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato la modifica dei cosiddetti “Decreti sicurezza”, fortemente voluti dall’allora Ministro dell’Interno del primo Governo Conte Matteo Salvini tra il 2018 e il 2019. Appena insiediatosi, l’attuale Governo aveva sbandierato come uno dei suoi principali obiettivi la cancellazione dei suddetti decreti.
Dopo un colpevole ritardo, dovuto soprattutto ai dubbi del Movimento 5 Stelle, che faceva parte della maggioranza che aveva votato i “Decreti sicurezza”, questo importante passo è stato compiuto. Tuttavia, parlare di abolizione dei “Decreti sicurezza”, come hanno affermato, tra gli altri, il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti e il leader di Italia Viva Matteo Renzi, è del tutto fuorviante.
Cercheremo di dimostrare la nostra affermazione in questo articolo, che si concentrerà sia sulle norme riguardanti l’immigrazione contenute nel nuovo provvedimento sia sulla mancata cancellazione di quelle norme volte a criminalizzare il dissenso.Prima di tutto, bisogna citare quelle modifiche che era indispensabile compiere poiché le precedenti norme violavano dei principi costituzionali o delle norme di diritto internazionale. Innanzitutto, viene ripristinato il divieto di respingimento ed espulsione di uno straniero in uno Stato in cui “rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti”.
Ci chiediamo, però, come questo doveroso provvedimento possa sposarsi con la politica, appoggiata da questo Governo in continuità con le scelte dei Governi precedenti, di rifinanziamento della Guardia costiera libica, complice e alleata dei trafficanti di esseri umani che gestiscono i lager libici, dove le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. http://anpigrugliasco.it/2020/07/20/libia-litalia-continua-a-finanziare-i-trafficanti-di-esseri-umani/

Un’altra norma prevista dai decreti salviniani tacciata di incostituzionalità era il divieto per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe del Comune di residenza. Fortunatamente, ora non è più così dato che i richiedenti asilo potranno ottenere una carta d’identità valida per 3 anni e avranno l’opportunità di accedere all’assistenza sanitaria, alle scuole e a tutti quei servizi necessari per vivere in maniera dignitosa.Una delle questioni più controverse di tale decreto riguarda le sanzioni contro le organizzazioni non governative che si occupano del salvataggio in mare.
Le multe diminuiscono dalla folle cifra di un milione euro ad un massimale di 50000 e viene cancellata la possibilità di sequestrare le navi, ma rimane la volontà di criminalizzare un’attività delle ONG che dovrebbe essere svolta dallo Stato. In particolare, le ONG saranno soggetto di provvedimenti giudiziari qualora, tra le altre cose, non seguano le “indicazioni del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare”.
Tale indicazioni potrebbero provenire in alcuni casi dalla Libia ed è plausibile che le ONG si rifiutino di collaborare con le autorità libiche, il cui Paese è considerato, senza alcuna logica, un porto sicuro dal Governo italiano.

Per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti giunti in Italia, viene reintrodotta la protezione umanitaria (definita “speciale” nella nuova forma del decreto). Ad essa possono accedere tutte quelle persone che, pur non avendo la possibilità di ottenere l’asilo politico, necessitano della protezione dello Stato italiano a causa di calamità, per residenza elettiva, acquisto della cittadinanza, stato di apolide, attività sportiva o artistica o per assistenza di minori.
Tale tipo di permesso potrà essere trasformato in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Con questa norma, ancora una volta la concessione di un permesso di soggiorno permanente viene subordinata ad un contratto di lavoro, di fatto rendendo gli immigrati possibili vittime di ricatti e sfruttamento, come già purtroppo avviene attualmente.Un’altra novità potenzialmente molto positiva è la reintroduzione del sistema di accoglienza diffuso, basato su centri di accoglienza posti su tutto il territorio nazionale all’interno del “Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati” (SIPROIMI), che è pressoché identico al precedente “Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati in Italia” (SPRAR). Sicuramente lo SPRAR ha dato vita a esperimenti di accoglienza ottimamente riusciti e bruscamente interrotti dal Governo Conte I (l’esempio più conosciuto è quello della Riace di Mimmo Lucano), ma necessita anche di una concessione di fondi continua, che non sempre è stata garantita in passato.

In più, un altro provvedimento difficilmente applicabile e comunque insufficiente è quello che prevede che il periodo massimo nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) passi da essere di 180 giorni a 90 prorogabili di ulteriori 30 giorni in determinati casi. Già oggi, il periodo massimo in cui una persona dovrebbe restare in un CPR viene sistematicamente violato. Dunque, sarebbe necessario riformare il sistema dei CPR per evitare che diventino dei veri e propri carceri a tempo indeterminato, caratterizzati da sovraffollamento, mancanza delle più basilari norme igieniche e disumanizzazione dei detenuti.Riteniamo incomplete anche quelle misure che riguardano le procedure per la concessione della cittadinanza italiana. Infatti, il periodo massimo per il completamento delle procedure burocratiche passa da 4 a 3 anni, ma non è sufficiente. Difatti, il provvedimento non è retroattivo (dunque le persone giunte in Italia durante il periodo in cui Salvini presiedeva il Ministero dell’Interno non potranno beneficiare dei miglioramenti della loro posizione prodotti dalle nuove norme) e inoltre non si è parlato né di ius soli né di ius culturae, che permetterebbero a tanti giovani nati o che hanno studiato in Italia di uscire da quel limbo giuridico che li obbliga a lunghissime procedure burocratiche per ottenere la cittadinanza.

Per concludere, nonostante le indispensabili modifiche alle più disumane norme salviniane, questo decreto si pone sulla stessa lunghezza d’onda degli ultimi provvedimenti in materia di immigrazione, dalla legge Bossi-Fini ai decreti Minniti. Infatti, permangono alcune linee guida che noi critichiamo fortemente, dal subordinare la concessione di un permesso di soggiorno all’ottenimento di un contratto di lavoro alla criminalizzazione degli immigrati irregolari, passando per il tentativo di ridurre al minimo gli arrivi di stranieri in Italia. Ciò provoca inammissibili conseguenze quali sfruttamento lavorativo, ricatti da parte dei datori di lavoro e aumento della delinquenza e rende l’Italia corresponsabile di situazioni di violenza endemica e continue violazioni dei diritti umani.Se le norme sull’immigrazione segnano alcuni timidi passi in avanti, seppur parziali ed insufficienti, nell’accoglienza degli stranieri in Italia, d’altra parte, per quanto riguarda i passaggi riguardanti la cosiddetta “sicurezza urbana”, i decreti salviniani rimangono pressoché intatti e in essi possiamo chiaramente vedere l’intenzione di criminalizzare ogni forma di dissenso.

Prima di tutto, si sono mantenute tutte quelle norme che tentano di contrastare le manifestazioni di dissenso organizzate, partendo dal divieto di utilizzare fumogeni o coprirsi il volto durante le manifestazioni all’inasprimento delle pene (con un massimo di addirittura 6 anni di carcere) per chi compie blocchi stradali o picchetti. Per di più, rimangono tali le pene previste per l’occupazione di terreni o edifici pubblici o privati, reati che possono portare ad un massimo di 4 anni di carcere. In aggiunta, la partecipazione a manifestazioni può essere considerata un’aggravante di un reato. Ovviamente, queste misure hanno come obiettivo quello di combattere contro i movimenti sociali, studenteschi e di lavoratori, cercando di indebolirli tramite repressione poliziesca.

Inoltre, non è stata modificata tutta quella parte dei “Decreti sicurezza” che, nelle parole di Salvini, voleva garantire il decoro urbano, ma, nella realtà, si tratta di una serie di provvedimenti che delinea una vera e propria guerra ai poveri. Stiamo parlando, ad esempio, dell’imposizione dello sgombero di case occupate tramite l’uso della forza pubblica, dell’introduzione del reato di accattonaggio o della maggiore facilità di confisca amministrativa di beni di proprietà di persone indebitate.

Per questi motivi, noi dell’ANPI “68 Martiri” di Grugliasco chiediamo che i “Decreti sicurezza” vengano totalmente cancellati e siano sostituiti da normative che garantiscano tutti i diritti costituzionali e siano ispirati dai valori della Resistenza.