Quando crollerà la Fortezza Europa?
Manifesto di Ventotene, agosto 1941
Oggi, 20 giugno, in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato per ricordare come ancora oggi decine di milioni di persone siano costrette a fuggire dalla loro terra in cerca di una vita futura dignitosa e che non preveda povertà, persecuzioni e violenza.
Tutto questo mentre da anni, l’Unione Europea cerca di creare la cosiddetta “Fortezza Europa” per ridurre costantemente i flussi migratori provenienti in particolare dall’Africa, di fatto violando uno dei principi cardine che regolano il funzionamento interno dell’Unione stessa, ossia la libera circolazione degli individui. Purtroppo, nei fatti, la politica europea di chiusura e respingimento nei confronti di chi scappa da violazioni dei diritti umani, guerra e povertà, non è propria soltanto dalle forze politiche sovraniste, ma è un leit motiv sin dall’inizio degli anni ’90, quando, in ambito sociologico, venne creato l’esplicativo termine “Fortezza Europa”.
Nella visione della “Fortezza Europa”, un ruolo fondamentale è giocato dalla famigerata esternalizzazione dei confini. Questa pratica consiste essenzialmente nel cercare accordi con i Paesi confinanti con i territori dell’Unione per far sì che i migranti vengano fermati in questi Stati e non arrivino affatto sul suolo europeo. Alla classe dirigente europea, però, non sembra interessare che i migranti siano costretti a rimanere in Paesi dove la loro sicurezza personale è costantemente a rischio. In alcuni casi si tratta di teatri di guerra, come la Libia, e in altri, di Paesi che violano sistematicamente i diritti umani, come la Turchia di Erdoğan o l’Egitto di al-Sisi.
Naturalmente, per riuscire a blindare l’accesso all’Europa, è fondamentale che si trovi un terreno di accordo con le autorità libiche, dato che le coste della Libia distano solamente 355 chilometri da Lampedusa. Proprio per questo motivo vari Governi italiani hanno stipulato accordi di diverso tipo con Mu’ammar Gheddafi, il dittatore libico che, in cambio di benefici economici e la fornitura di motovedette e addestramento per il personale libico, ha drasticamente diminuito il numero di partenze dalle sue coste tramite il sistematico uso della violenza e della coercizione.
La situazione, però, è cambiata radicalmente con l’intervento NATO in Libia e la conseguente caduta di Gheddafi, evento che ha scatenato una sanguinosa guerra civile, in cui varie fazioni si scontrano senza che nessuna di queste riesca a prevalere. Il primo ministro del Governo di Accordo Nazionale al-Sarraj controlla a malapena la regione di Tripoli, dove il suo Governo ha sede, ma non le coste da cui partono gran parte delle imbarcazioni di fortuna dirette verso le coste italiane. Esse sono controllate da varie milizie tribali alleate di al-Serraj e dedite alla tratta di esseri umani. Proprio lungo le coste libiche, dopo la caduta di Gheddafi, i trafficanti di esseri umani hanno creato dei centri di detenzione, dove ammassare i migranti in condizioni disumane e senza alcun rispetto per qualsivoglia diritto umano. Gli esseri umani stipati in questi odierni Lager sono stati e vengono attualmente utilizzati dai trafficanti di esseri umani e dalle autorità libiche conniventi come strumento di ricatto nei confronti degli Stati europei, attraverso la minaccia di scatenare ampie ondate migratorie per ottenere benefici sia economici che politici.
A causa di questa situazione, l’Italia ha ideato l’operazione Mare nostrum, che, pur con tutti i suoi limiti, tra il 2014 e il 2015, ha compiuto numerose missioni SAR, ossia di ricerca e soccorso delle persone naufragate nel Mediterraneo, che hanno salvato circa 150000 vite umane. Dal 2015, Mare nostrum è stata sostituita dall’operazione Triton, ideata e controllata da Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), che, però, a causa degli scarsi mezzi forniti all’Agenzia dai Governi europei e il confine operativo spostato più a ridosso delle coste italiane, nella pratica non ha permesso lo svolgimento di missioni SAR. A questo punto, sono entrate in campo varie ONG che hanno iniziato a svolgere quelle missioni SAR che l’UE ha intenzionalmente voluto interrompere.
A questo quadro già complesso, si sono aggiunte le sciagurate decisioni prese dal ministro degli Interni Minniti, che ha preso accordi direttamente con le singole autorità tribali che controllano il territorio e hanno stretti legami con i trafficanti di esseri umani che gestiscono i famigerati Lager libici con la connivenza delle autorità europee. Per colpa di questa scellerata politica, negli ultimi tre anni l’Italia ha finanziato, addestrato e si è coordinata per le sue operazioni di respingimento con la Guardia costiera libica affinché, nella pratica, intercettasse le imbarcazioni dei migranti e li riportasse nei centri di detenzione dove torture, stupri, estorsione e altre violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno.
Questa linea politica è proseguita grazie all’azione dei due successori di Minniti, Salvini e Lamorgese. Quest’ultima un paio di mesi fa ha recapitato alla Guardia costiera libica altre 6 motovedette per un valore pari a 1,6 milioni di euro. Negli ultimi due anni, infatti, la sorveglianza aerea europea ed italiana sul Mediterraneo è aumentata a dismisura, sempre in cooperazione con la Guardia costiera libica.
In questo disastroso contesto, non ci sorprende l’accusa di tre ONG che operano nel Mediterraneo (Alarm Phone, Borderline-Europe e Sea-Watch) e della piattaforma della società civile Mediterranea Saving Humans nei confronti dell’Unione Europea. Infatti, il rapporto Remote control: the EU-Libya collaboration in mass interceptions of migrantsin the Central Mediterranean documenta la presenza di almeno tre casi di respingimenti illegali verso la Libia coordinati dalle autorità europee tramite i sistemi di sorveglianza aerea. Si tratta di gravissime violazioni del principio cardine posto a difesa del diritto di asilo per i rifugiati, ossia il diritto di non respingimento, stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, per cui ad ogni Stato è vietato chiudere le sue frontiere al cospetto di un richiedente asilo, la cui posizione verrà valutata in un secondo momento. Per rimanere al contesto italiano, si tratta dello stesso principio che, secondo la Corte costituzionale, viene violato nei disumani “Decreti sicurezza”, con cui Salvini voleva attuare la politica dei porti chiusi.
Per questi motivi, noi della sezione ANPI “68 Martiri” di Grugliasco sottoscriviamo l’appello di Alarm Phone, Borderline-Europe, Mediterranea Saving Humans e Sea-Watch che richiede:
• La revoca immediata della regione di SAR libica, ossia quella porzione di Mediterraneo dove solo la Guardia costiera libica può compiere delle operazioni che portano sempre alla cattura dei migranti, rispediti immediatamente nei lager
• L’immediata cessazione della collaborazione delle istituzioni dell’UE e dei suoi Stati membri con le autorità libiche, compresa la Guardia costiera, che si rendono costantemente responsabili di violazioni dei diritti umani
• La fine della facilitazione da parte della sorveglianza aerea europea dei respingimenti illegali effettuati dalle autorità libiche
• La cessazione da parte dell’UE delle violazioni del diritti internazionale, attuate ignorando le richieste di soccorso, ritardando questi ultimi e coordinando il respingimento verso la Libia
• Il rispetto della Convenzione di Ginevra e del principio di non respingimento, anche durante la pandemia di COVID-19
• L’impegno di rispettare i diritti umani durante le operazioni di SAR
• La creazione di rotte sicure e legali, che garantiscano a tutte e tutti la libertà di movimento come diritto fondamentale
Noi non vogliamo la “Fortezza Europa”, complice di violazioni dei diritti umani e intrinsecamente razzista e violenta, ma vogliamo un’Europa che sia accogliente e solidale con chi scappa da situazioni di estremo pericolo, sul solco di quella progettata da Colorni, Rossi e Spinelli e dai nostri padri e dalle nostre madri costituenti.