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Picconata su picconata, la Costituzione è abrogata. Sull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica

Picconata su picconata, la Costituzione è abrogata. 
Una manciata di punti di centratura costituzionale e s
ull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica

 

  • I poteri del Presidente della Repubblica
    Nel dettaglio basta leggere la Costituzione dagli articoli 83 al 91.
    In generale occorre ricordare che il PdR ha un ruolo in tutti e tre i poteri dello Stato. A titolo esemplificativo:
    – Potere legislativo: può sciogliere le Camere e rimandare le leggi per un loro riesame
    – Potere esecutivo: nomina il Governo (Presidente del Consiglio e i ministri)
    – Potere giudiziario: presiede il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) e nomina un terzo della Corte costituzionale
  • Il programma del PdR
    Il PdR non deve avere un programma politico per il suo settennato. E’ un ruolo che ha un unico programma, obbligato e non mediabile: la Costituzione.
  • Dal Governo al Quirinale
    Se non è mai successo un motivo c’è. Più di uno. Basterebbe sottolineare come il neo PdR si troverebbe a controfirmare la linea politica di quello che fino al giorno prima era il Governo da lui stesso coordinato. Che ne sarebbe del ruolo di controllo e di equilibrio costituzionale del PdR?
    Basterebbe sottolineare come il neo PdR si troverebbe a nominare il suo successore alla Presidenza del Consiglio. Che ne sarebbe del suo ruolo di indipendenza e neutralità?
  • Presidenzialismo (o semi)
    Torna (non se n’è mai andato) il dogma delle “riforme istituzionali”. Ancora una volta ci dicono che i problemi sono dovuti all’assetto costituzionale dell’equilibrio tra i poteri. La Costituzione è descritta come un limite.
    A rete unificate, tutti i giornalisti, opinionisti, politici, specialisti di vario tipo, tutti si dicono presidenzialisti. Non una voce fuori dal coro.
    Dicono che l’elezione diretta del PdR non spreca tempo, è più trasparente, dà al popolo più potere, è la panacea di ogni male. I costituenti scelsero l’elezione indiretta perché usciti dal fascismo e avevano il timore dell’uomo forte. Ma oggi, dicono, questo rischio non c’è più. Dicono che attualmente il PdR non ha grandi poteri, dimostrando una conoscenza della Costituzione e una sensibilità democratica pari a zero. Si sprecano, inoltre, i soliti paragoni con Francia e Stati Uniti, tanto per fare un po’ di confusione negli ascoltatori distratti e/o inconsapevoli.
    Il PdR è un ruolo importante, delicato, ed è importante pertanto che sia eletto in modo indiretto e con la possibilità di numerose votazioni. Guai a piegare questo ruolo ai meccanismi mediatici e da tifoseria di un’elezione diretta. La sua elezione deve essere legata alla riflessione e alla ponderazione.
  • Bisogna fare in fretta
    Sempre a reti unificate ci viene detto che si sta perdendo tempo, che bisogna votare subito un nome definitivo. Lo dicono dipingendosi come responsabili: c’è il covid con i morti, c’è il PNRR, gli altri Paesi ci guardano, ecc.
    E’ evidente che la qualità infima dei parlamentari e delegati regionali non lascia grande spazio alla funzione riflessiva e selettiva di una pluralità di votazioni. Ma l’argomento che viene sbandierato non è di questo tipo, non punta a tutelare questo spazio democratico. Mira semplicemente a screditare il metodo previsto dalla Costituzione gettandola insieme all’acqua sporca rappresentata dalla qualità della classe politica. Scenario già visto con la riduzione del numero dei parlamentari.
    Per altro la fretta (l’urgenza, l’emergenza) è da sempre cattiva consigliera ed è lo strumento più semplice ed efficace di chi vuole raggiungere un risultato a discapito del processo democratico.
  • Il ruolo della televisione.
    Si susseguono giornalisti, opinionisti, esperti o pseudo tali. Si susseguono sulle diversi reti. E tutti dicono le stesse cose: presidenzialismo, fare in fretta, tutti i nomi sono “di alta qualità” (!). I distinguo si scorgono solo sul niente: a quale votazione si deciderà il PdR, i gossip di corridoio, se durante i pasti nei ristoranti romani i parlamentari continuino a discutere dell’elezione. Riempono ore e ore, palinsesti interi dicendo nulla, o ripetendo quanto si poteva dire in mezz’ora. Che ne è della funzione di fare informazione e di spazio al pensiero critico? Cosa ne è dei contenuti e del pluralismo? Non c’è neanche più la preoccupazione del fare finta.
  • Il contesto internazionale
    Si dice che il nuovo PdR deve essere saldamente pro UE e pro NATO, e lo si dice drammatizzando per l’incombente scontro “alle porte dell’Europa” tra la Russia, illiberale e oppressiva, e l’Occidente, casa delle libertà e della civiltà. Basterebbe chiedere quando mai i PdR non hanno avuto questo profilo. La verità è che si coglie l’elezione del PdR per mettere un altro mattoncino alla preparazione dell’opinione pubblica alla possibile evoluzione del conflitto tra NATO da un lato e Russia (e Cina) dall’altro. Da anni va avanti tale costruzione, quindi nulla di nuovo sotto al sole. Ma non è neanche nuovo l’undicesimo articolo della Costituzione che chiarisce quale sia il ruolo (non solo) del PdR, al di là della NATO: “L’Italia ripudia la guerra (…) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (…)”. Talmente chiaro da non dare luogo a diverse interpretazioni.
    Poi si citano i soliti mercati internazionali, le “cancellerie europee”, il generico apprezzamento internazionale quando, per principio, qualunque nome il Parlamento scegliesse gli altri Paesi non potrebbero che limitarsi a prenderne atto, a prescindere dalla legittime preferenze. Ancora una volta si riempie di nulla la discussione.