Il Cile cancella l’eredità di Pinochet e inizia il cammino verso una Costituzione democratica
Questo referendum era stato indetto dal presidente Sebastian Piñera in seguito alle proteste scoppiate nel settembre 2019, nate inizialmente per contestare l’aumento del costo dei biglietti dei mezzi pubblici a Santiago, e poi allargatesi a tutto il Paese. Inizialmente, le proteste, che criticavano in particolare il rafforzamento delle politiche neoliberiste volute dal Governo Piñera (marcatamente di destra tanto che alcuni ex ministri di Pinochet erano entrati nel nuovo Gabinetto), furono represse con violenza, ma continuarono a diffondersi, obbligando il Presidente a concedere il referendum per placare le folle scese in piazza.
La Costituzione attualmente vigente fu emanata dalla Giunta militare presieduta da Augusto Pinochet, il dittatore che, dopo aver rovesciato il governo democraticamente eletto di Salvador Allende con il decisivo aiuto della CIA, mantenne il potere dal 1973 al 1990. Tale Costituzione, che fu approvata tramite un plebiscito nel 1980, ovviamente svoltosi senza alcuna garanzia di democraticità (basti pensare che allora il Cile era ancora in stato d’emergenza), prevedeva che, dopo la fine del primo mandato presidenziale, venisse indetto un referendum per confermare Pinochet come Capo di Stato. Quando nel 1988 il referendum venne indetto, Pinochet era sicuro di venire riconfermato visto che i maggiori esponenti dell’opposizione erano stati uccisi (si parla di 40.000 morti durante il periodo della dittatura) o erano stati costretti all’esilio, mentre gli oppositori rimasti, durante il periodo di campagna elettorale, vennero perseguitati ed ebbero pochissimo spazio per esprimere le proprie opinioni. Nonostante ciò, a sorpresa il No vinse e Pinochet venne sfiduciato dal popolo cileno.
Questo referendum garantì il ritorno alla democrazia, ma, nonostante l’ampia riforma costituzionale del 1989 che garantiva i diritti fondamentali, il pluralismo politico e l’elettività degli organi politico-rappresentativi, non portò ad una nuova Costituzione. Infatti, la transizione democratica venne guidata dallo stesso Pinochet, che non permise che il popolo cileno conquistasse una nuova Carta costituzionale, rendendo davvero complicato riformare il Paese sia dal punto di vista economico che da quello sociale anche con il ritorno alla democrazia. Infatti, malgrado le oltre 50 modifiche costituzionali degli ultimi 30 anni, la Costituzione del 1980 ha mantenuto alcune caratteristiche completamente antidemocratiche.
Per prima cosa, erano presenti in Costituzione i principi del neoliberismo, base della politica economica della dittatura, fortemente voluti dal gruppo di economisti detti “Chicago Boys”, che usarono il Cile come vero e proprio laboratorio economico. In particolare, l’articolo 19 stabiliva che qualsiasi tipo di attività potesse essere esercitata da privati e che lo Stato fosse relegato al mero ruolo di agente sussidiario di ogni attività economica. Questa visione economica ha portato a grandissime diseguaglianze, sia a livello economico che sociale, all’interno della società cilena, come dimostrato dal fatto che l’1% della popolazione più ricca detiene il 26.5% della ricchezza totale del Paese, mentre il 50% più povero solo il 2% di essa.
Inoltre, anche il ruolo della Corte costituzionale è da mettere in evidenza. Essa infatti è stata sempre solerte ad applicare i principi neoliberisti contenuti in Costituzione, di fatto cancellando importanti riforme democratiche votate in Parlamento. I due esempi più lampanti sicuramente sono le due riforme volute dalla presidentessa Michelle Bachelet: la prima voleva proibire il profitto nell’istruzione superiore cilena, cancellando così la riforma delle università volute dai “Chicago Boys”, e la seconda era volta a rendere l’acqua un bene pubblico. In entrambi i casi, la Corte costituzionale ha di fatto agito come se fosse una terza camera parlamentare, dichiarando incostituzionali queste leggi.
Altra rilevante problematica è quella riguardante il ruolo delle Forze armate nel nuovo Cile democratico. Nella Costituzione del 1980, l’Esercito fungeva da vero e proprio quarto potere statale, cosa che minava fortemente la separazione dei poteri. Ad esempio, le Forze armate erano definite come “essenziali per la sicurezza nazionale e per garantire l’ordine istituzionale della Repubblica” (articolo 90), veniva garantita l’inamovibilità dei vertici dell’Esercito (articolo 93) e forniva al Consejo de Seguridad Nacional (organo dove le Forze armate hanno una posizione rilevante) la competenza di manifestare a qualsiasi organo statale “la propria opinione di fronte a qualsiasi fatto, atto o materia che, a suo giudizio, attenta gravemente contro le istituzioni o possa compromettere la sicurezza nazionale” (articolo 96). A ciò si aggiungeva la possibilità per gli ex Comandanti delle Forze armate di chiedere di diventare parlamentari a vita. Proprio questa norma ha scandalosamente garantito allo stesso Pinochet di sedere nel Parlamento cileno dal 1998 al 2006, anno della sua morte.
Le speranze che il popolo cileno nutre nella futura Costituzione sono molto elevate. In particolare, il riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene, la trasparenza amministrativa che colpisca la corruzione, la regionalizzazione sia amministrativa che politica, i diritti dell’ambiente, la riforma dello stato di emergenza che riduca i poteri del Consejo de Seguridad Nacional, la riforma del Senato che lo renda completamente elettivo e il ridimensionamento del ruolo della Corte costituzionale e delle Forze armate sono temi che la nuova Costituente dovrà affrontare, evidenziando una forte discontinuità con la Costituzione di Pinochet.
Dunque, Noi dell’ANPI “68 Martiri” di Grugliasco gioiamo con il popolo cileno poiché è stata cancellata l’ultima eredità della dittatura fascista che ha insanguinato il Paese e percorriamo insieme il cammino che porterà il Cile ad avere una nuova Costituzione finalmente democratica, dato che, come cantano Quilapayún e Inti Illimani, “El pueblo unido jamás será vencido”.