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Noi non siamo invisibili – Sciopero dei braccianti agricoli del 21 maggio

Noi non siamo invisibili – Sciopero dei braccianti agricoli del 21 maggio
“Fino a che non c’è la possibilità per ogni uomo di lavorare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa eguaglianza di fatto, in cui ci sia una eguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale”.
Piero Calamandrei

Costituzione della Repubblica Italiana:

Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Nell’ultimo decreto presidenziale emanato da Giuseppe Conte, il cosiddetto “Decreto Rilancio”, una delle disposizioni governative che più ha fatto discutere è quella riguardante la regolarizzazione dei rapporti di lavoro irregolari, che tocca soprattutto immigrate e immigrati clandestini che vivono in Italia

Nel commentare tale provvedimento la ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova ha dichiarato: “Da ora gli invisibili saranno meno invisibili”. Su questa dichiarazione ci sarebbe molto da obiettare, ma per farlo bisogna analizzare cosa prevede il decreto.

Dobbiamo sottolineare che si tratta di una regolarizzazione solo parziale di alcune categorie di lavoratori e lavoratrici irregolari, secondo alcune stime circa 200000 persone, ossia solamente un terzo di coloro che, pur vivendo in Italia, non hanno alcun diritto e sono sottoposte quotidianamente allo sfruttamento.

Innanzitutto, solamente i lavoratori e le lavoratrici dei settori dell’agricoltura e dell’allevamento, dell’assistenza alla persona e della cura della casa possono accedere alle misure previste, escludendo dunque altre attività produttive, quali l’edilizia, la ristorazione o l’artigianato, dove lo sfruttamento del lavoro nero è consistente. Inoltre, coloro che beneficeranno delle norme governative saranno solo i migranti e le migranti a cui il permesso di lavoro è scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi, escludendo di fatto molte persone che vivono e lavorano senza documenti in Italia da più tempo. Per di più, il permesso di soggiorno provvisorio concesso sarà valido solo per 6 mesi senza la garanzia che venga rinnovato.Un altro passaggio che suscita molti dubbi è la procedura con cui deve essere presentata la domanda di regolarizzazione. Nella prima ipotesi, è compito delle datrici e dei datori di lavoro segnalare la presenza di un rapporto di lavoro irregolare tutt’ora in corso. Nel secondo caso, sta allo stesso lavoratore straniero o alla lavoratrice straniera che attualmente non ha un lavoro, ma in passato è stato impiegato nei sopracitati settori economici e detiene un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi, richiedere un permesso temporaneo di soggiorno di 6 mesi. Esso potrà trasformarsi in un permesso regolare di soggiorno qualora il richiedente o la richiedente firmi un regolare contratto di lavoro.

La domanda sorge spontanea: “Perché un datore o una datrice di lavoro dovrebbe voler regolarizzare una lavoratrice o un lavoratore irregolare?”. Infatti, nell’agire in questo modo, dovrebbe confessare di aver violato la legge e, inoltre, avrebbe una spesa maggiore da sostenere, considerando che naturalmente dovrebbe pagare le imposte relative al contratto di lavoro e, inoltre, dovrebbe garantire almeno il salario minimo, nella stragrande maggioranza dei casi molto superiore al salario che viene pagato ai lavoratori e alle lavoratrici irregolari.

D’altra parte, perché un lavoratore o una lavoratrice irregolare dovrebbe fornire alla Questura i suoi dati personali, temendo che poi questi vengano utilizzati dopo la scadenza del permesso provvisorio per identificare l’individuo tornato ad essere irregolare, qualora non abbia trovato un lavoro?
Alla luce di ciò, il dubbio che il Governo abbia agito non tanto per tutelare i diritti di un gran numero di esseri umani, ma soprattutto per salvaguardare la filiera produttiva di certi settori è quantomeno lecito. Infatti, sembra chiaro che con questo provvedimento si voglia cercare di contrastare la scarsità di braccia da impiegare in determinate attività, nelle quali l’emergenza COVID-19 ha ridotto notevolmente l’offerta di lavoro.

Sicuramente, non bisogna negare che il decreto porterà dei vantaggi ai lavoratori e alle lavoratrici, come la possibilità di accedere all’assistenza sanitaria, di percepire almeno il salario minimo o evitare di finire tra le reti della criminalità organizzata, ma questa non è stata la principale finalità del Governo nella redazione dell’atto legislativo e questi diritti saranno purtroppo garantiti ad una minoranza di persone e per un periodo di tempo molto limitato.

Un’azione più efficace sarebbe stata creare un atto veramente inclusivo e non temporaneo che garantisse maggiori diritti ai molti che ancora non li hanno affatto nel nostro Paese. Solo così, si sarebbe potuti fare un passo in avanti nell’applicazione della nostra Costituzione.

Infine, per combattere il lavoro e l’immigrazione irregolari, la scelta più giusta secondo noi sarebbe stata guardare alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e cancellare i cosiddetti “Decreti sicurezza” varati dal precedente Governo Conte (con Matteo Salvini Ministro dell’Interno) e avviati già dall’ancor precedente Governo Renzi (con Marco Minniti Ministro dell’Interno). Infatti, per colpa di questi inumani provvedimenti, che hanno cancellato la possibilità di chiedere dei permessi di soggiorno per motivi umanitari e hanno inserito dei permessi più specifici, di fatto impossibili da ottenere, il numero di immigrati e immigrate irregolari è esponenzialmente aumentato, rendendo sempre maggiore il numero di persone che vivono in Italia senza alcun diritto.

Perciò, la ministra Bellanova avrebbe dovuto affermare “Da ora solo alcuni invisibili saranno meno invisibili fino alla fine e non oltre l’emergenza sanitaria” per descrivere al meglio il contenuto delle norme governative.

Per tutte queste ragioni, noi della sezione ANPI “68 Martiri” di Grugliasco appoggiamo lo sciopero delle braccianti e dei braccianti agricoli indetto per il 21 maggio.

Sta a tutte e tutti noi, in quanto cittadine e cittadini del mondo (non solo consumatori e consumatrici) in questa giornata scegliere da che parte stare e partecipare attivamente, infatti possiamo:

  • Attuare uno “sciopero della spesa”, evitando di comprare frutta e verdura, la cui filiera produttiva si regge sullo sfruttamento e la mancanza di diritti sul lavoro
  • Chiedere una “Patente del cibo”, che garantisca che gli alimenti siano stati prodotti nel rispetto del diritto delle lavoratrici, dei lavoratori e dell’ambiente
  • Condividere l’iniziativa sui social, usando l’hashtag #nonsonoinvisibile

 

Volevano braccia, sono arrivati esseri umani: vanno regolarizzati e tutelati gli esseri umani, non soltanto le loro braccia.

Ora e sempre Resistenza!

Il Comitato di Sezione ANPI “68 Martiri” di Grugliasco (TO)