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ANPI Grugliasco porta l’Ultimo saluto al Partigiano Giovanni Gerbi

La sezione ANPI 68 Martiri Grugliasco, sezione che ebbe Armando Valpreda come suo presidente, si stringe commossa ai familiari e ai compagni del partigiano Reuccio.

Abbiamo avuto modo di conoscerlo sia i suoi interventi a favore del movimento notav della Val di Susa e sìa in occasione di presentazione di libri sulla bella pagina di Resistenza che fu la rivolta di Santa Libera.  Ricordiamo con grande stima il valoroso Combattente per la Libertà Giovanni Gerbi.

Un saluto a pugno chiuso, che la terra ti sia lieve compagno di Reuccio.

 

Così lo ricorda Gabriele Proglio, storico e ricercatore presso l’Università di Coimbra:

“E’ morto Giovanni Gerbi, partigiano prima nella 78° brigata Garibaldi, fino al marzo 1945, e poi nella 99° brigata e nella IX Divisione Garibaldi “Stella Rossa” fino alla Liberazione. Giovanni, insieme a molti altri partigiani, ha partecipato alla rivolta di Santa Libera, esplosa tra il 20 e il 27 agosto 1946 sulle colline sopra Asti, a Santo Stefano Belbo, ed estesasi in gran parte del Nord Italia. I partigiani che vi parteciparono erano delusi, prima, dalla mancata epurazione dei fascisti dalle cariche pubbliche, poi dall’amnistia Togliatti, e infine dalle aspettative tradite dal governo De Gasperi che non riconosceva le rivendicazioni economiche di chi aveva fatto la Resistenza. Come se non bastasse, con un dispositivo tecnico alcuni partigiani potevano essere cacciati dalle questure e dalle altre strutture dello Stato, con un ritorno di coloro che avevano obbedito ai comandi di Mussolini.

Reuccio, questo era il suo nome di battaglia, era nato il 25 giugno del 1929. Lo intervistai, tanto tempo fa, proprio su Santa Libera: mi ricordo che iniziava il suo racconto dicendo che fin da piccolo, quando giocava a tamburello, aveva maturato un odio viscerale per il fascismo, per la dittatura, per la violenza. E’ così a soli quindici anni, si era unito ai partigiani. I mesi difficili di lotta per liberare il Paese, poi viene quell’aprile, finalmente.

Ma fin dall’immediato dopoguerra, iniziano i problemi con uno stato ben diverso da quello sognato durante i mesi di Resistenza. Il 1946 è anche l’anno in cui viene rifondato il Movimento Sociale Italiano. La scintilla che genera la rivolta avviene con il licenziamento di un partigiano garibaldino dalla Questura di Asti, Carlo Lavagnino, che viene sostituito dal tenente Russo, ex-ufficiale che durante il fascismo aveva partecipato all’invasione dell’Etiopia.

Un gruppo di partigiani, di diverse formazioni, si organizza: prende le armi dalla questura e sale nuovamente in collina. Tra di loro ci sono i nomi più valorosi e importanti della Resistenza astigiana: Armando Valpreda, Secondo Aseglio, Aldo Sappa. Dicono che rimarranno lì fino a che non saranno prese in considerazione le loro richieste: chiedono garanzie giudiziarie, economiche e politiche per i partigiani e per i reduci. Come a Santa Libera, in tutta Italia si moltiplicano le proteste: a Torino, Milano, Genova, Bologna, in Veneto, in Trentino, in Friuli. In tutto sono oltre cinquanta. Il Ministero dell’Interno manda sul posto un battaglione della Fanteria che si unisce ai reparti della polizia provenienti da Asti, Cuneo, Torino, Verona e Milano.

Viene dato un ultimatum: i ribelli devono arrendersi entro le ore 24 del 22 agosto. A questo punto, Cino Moscatelli si reca a Santa Libera e promette di farsi garante delle richieste degli insorti. Volerà a Roma per parlare con Nenni e la protesta rientrerà vista la comprensione dimostrata dal vicepresidente del Consiglio e la sua volontà di assecondare le richieste dei partigiani.

Giovanni mi ha insegnato molte cose. Era un uomo che aveva fatto della Resistenza il suo presente, denunciando ingiustizie e violenze, cercando un dialogo con i giovani, e ribadendo che nell’Italia che volevano doveva esserci posto per tutte e tutti.”