L’Armistizio ha posto le fondamenta per le future rivendicazioni delle Nazioni Unite vincitrici della Seconda Guerra Mondiale nei confronti dell’Italia sconfitta, sancite definitivamente nel Trattato di Pace di Parigi firmato il 10 febbraio 1947.
Con il famoso annuncio del Maresciallo Pietro Badoglio, già criminale di guerra per il genocidio perpetrato anche con l’ausilio di armi chimiche contro le popolazioni indigene in Etiopia, il Regio Esercito Italiano venne lasciato senza ordini e quindi allo sbando:“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
Il 9 settembre il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, suo figlio Umberto e tutta la corte monarchica, insieme a Pietro Badoglio, fuggirono da Roma prima a Pescara e poi a Brindisi, dando vita al Regno del Sud e abbandonando esercito e popolo in piena Seconda Guerra Mondiale.
I nazisti attuarono il piano Alarich, già progettato da Hitler fin dal maggio 1943, procedendo alla neutralizzazione delle forze armate italiane, alla liberazione del Duce e al controllo militare del territorio italiano, installandovi un rinnovato governo fascista svincolato dalla monarchia, la Repubblica Sociale Italiana (RSI).
In pochi giorni i nazisti disarmarono e catturarono 1.007.000 militari italiani, su un totale approssimativo di circa 2.000.000 effettivamente sotto le armi.
Circa 196.000 scamparono alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma.
– oltre 13.000 persero la vita durante il brutale trasporto dalle isole greche alla terraferma
– 94.000, tra cui la quasi totalità delle Camicie Nere della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), decisero immediatamente di accettare l’offerta di passare con i tedeschi
– al netto delle vittime, dei fuggiaschi e degli aderenti della prima ora, nei campi di concentramento del Terzo Reich vennero dunque deportati circa 710.000 militari italiani con lo status di IMI e 20.000 con quello di prigionieri di guerra
Oltre all’istituzione della RSI, due territori vennero strappati all’Italia e annessi direttamente al Reich: la Zona di Operazione delle Prealpi (Operationszone Alpenvorland, corrispondente alle province di Bolzano, Trento e Belluno) e la Zona di Operazione del Litorale Adriatico (Operationszone Adriatisches Kustenland, corrispondente alle province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana).Tradizionalmente, l’8 settembre dell’Armistizio è stato assunto come data simbolo dell’inizio della Guerra di Liberazione contro i nazi-fascisti, che vide sviluppare le prime bande partigiane attorno a gruppi formati principalmente da esponenti dell’Antifascismo clandestino sopravvissuto per vent’anni al regime fascista, dai militari sbandati scampati ai rastrellamenti nazisti e dai giovani renitenti alla leva che rifiutavano di arruolarsi tra le fila della RSI agli ordini dei tedeschi.
Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945. Traditi, disprezzati, dimenticati, USME, Roma 1997
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, Il Mulino, Bologna 2004
Mario Avagliano e Marco Palmieri, Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945, Einaudi, 2009
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La lapide di Ortona a memoria della fuga dei Savoia