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30 giugno 1960: la lotta antifascista di Genova

30 giugno 1960: la lotta antifascista di Genova

 

Marzo 1960: in Italia cadde il Governo Segni.Il 21 marzo il democristiano Tambroni (sinistra DC) ,ricevette dal presidente Gronchi l’incarico di formare il nuovo governo.

Il 4 aprile Tambroni ottenne la fiducia alla Camera per il suo governo (un monocolore democristiano, con una maggioranza di pochi voti cioè 300 voti a favore su 593 presenti in aula. La fiducia al governo fu votata anche dai deputati del MSI. I ministri appartenenti alla sinistra della Democrazia Cristiana Bo, Pastore e Sullo si dimisero.

Dopo alcuni tentativi, da parte di Fanfani di formare un governo alternativo Il 29 aprile Tambroni ottenne la fiducia anche al senato, nuovamente grazie all’appoggio esterno del MSI,128 voti favorevoli e 110 contrari[. L’ opposizione accuso’ la DC di dare una legittimazione ai nostalgici fascisti.

Casi di connubio tra fascisti e democristiani si erano già verificati a livello locale.

Ci fu anche un caso di appoggio congiunto in Sicilia tra MSI e PCI verso il dissidente DC Milazzo.

Successivamente i fascisti passarono all’ incasso decidendo di tenere il 6° congresso MSI a Genova, città di lunga appartenenza antifascista, dove la Resistenza pago’ un prezzo altissimo di caduti e torturati e la cui classe operaia indomita resistette anche alla deportazione di moltissimi operai così puniti per i forti scioperi.

Genova vanta, insieme a Napoli, l’ orgoglio di aver fatto capitolare l’ esercito tedesco nelle mani non di militari ma di civili, operai in particolare.

La Resistenza si rinsaldò nuovamente con la classe operaia e con i giovani noti come i ragazzi con le “magliette a strisce”.

Pertini con il discorso del brichettu (fiammifero), Genova 28/6/60 disse: ‘’La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni, non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli. Sono i fucilati del Turchino, di Cravasco, della Benedicta, i torturati della Casa dello Studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori. [] Io nego che i missini abbiano il diritto di tenere a Genova il loro congresso. Ogni iniziativa, ogni atto, ogni manifestazione di quel movimento è una chiara esaltazione del fascismo. Si tratta, del resto, di un congresso qui convocato non per discutere, ma per provocare e contrapporre un passato vergognoso ai valori politici e morali della Resistenza…..ci sono stati degli errori, primo di tutti la generosità nei confronti degli avversari. Una generosità che ha permesso troppe cose e per la quale oggi i fascisti la fanno da padroni, giungendo a qualificare delitto lesecuzione di Mussolini a Milano. Ebbene, neofascisti che ancora una volta state nellombra a sentire, io mi vanto di avere ordinato la fucilazione di Mussolini, poiché io e altri, altro non abbiamo fatto che firmare una condanna a morte pronunciata dal popolo italiano venti anni prima.’’

I moti di piazza del 30/6 furono preceduti da uno sciopero che in quel giorno paralizzò tutta la città (un precedente sciopero dei portuali il 25, per protesta contro il divieto prefettizio di un comizio, si era già concluso con scontri) e da una manifestazione imponente.

Il 30 la manifestazione, si svolse inizialmente senza particolari problemi,

Al termine della manifestazione parte dei manifestanti si diressero verso piazza De Ferrari, fermandosi lungo la strada davanti al teatro Margherita (controllato da gruppi di Carabinieri, che verranno fischiati).

Giunti in piazza de Ferrari, molti si fermarono nei dintorni della fontana centrale ove erano presenti alcuni mezzi motorizzati della polizia, oltre ad agenti a piedi, dove iniziarono gi scontri con le forze dell’ordine, quest’ultime provarono a disperdere la folla con un idrante, per poi passare a cariche intorno alla fontana.

A questo punto lo scontro divenne totale: le camionette e le Jeep della celere effettuarono cariche e caroselli, sia nella piazza, sia nelle vie limitrofe, sia sotto i porticati della parte alta di via XX Settembre. I manifestanti, che continuavano a fluire nella zona, nel frattempo si procurarono attrezzi da lavoro, spranghe di ferro e alcuni pali di legno dai vicini cantieri edili.

Gli scontri si spostarono anche nei vicini caruggi, gli stretti vicoli tipici del centro storico genovese, dove la popolazione residente “bombardò” con vasi e pietre lasciati cadere dalle finestre gli esponenti delle forze dell’ordine che inseguivano i manifestanti.[ Gli scontri proseguirono e gli organizzatori della manifestazione temettero che, per porvi fine, venisse ordinato alle forze dell’ordine di aprire il fuoco sulla folla, azione che avrebbe causato numerosi morti.

Il presidente dell’ANPI, Giorgio Gimelli, si accordò quindi con alcuni ex-partigiani, tra cui un funzionario di polizia, per impegnare gli aderenti all’associazione a fermare gli scontri, ricevendo in cambio l’assicurazione che le forze dell’ordine si sarebbero ritirate senza effettuare nessun arresto. Al termine degli scontri si registrarono 162 feriti tra gli agenti e circa 40 feriti tra i manifestanti.

Manifestazioni e scioperi di protesta contro il governo Tambroni si svolsero nello stesso giorno e nei giorni seguenti anche in altre città italiane, i costi di vite umane da parte dei manifestanti furono ingenti: 11 morti tra cui 5 operai a Reggio Emilia.

Il governo Tambroni si dovette infine dimettere; tuttavia questi moti evidenziarono che il potere fascista non è mai stato adeguatamente debellato e, come un virus, si è modificato per continuare ad essere vivo nella società attuale. Infatti il neofascismo da alcuni anni sta di nuovo manifestandosi in modo virulento.

I moti di Genova vengono commemorati tutti gli anni il 30 giugno come simbolo della validità dei valori della Resistenza e come spinta ad essere sempre vigili nel proteggere la Costituzione ottenuta a prezzi altissimi.

Ribadiamo che il problema non è modificare la Costituzione bensì attuarla

 

https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/servizi/28-giugno-1960-genova-e-la-scintilla-antifascista/