Video del discorso del Presidente dell’ANPI Grugliasco, Fulvio Grandinetti, per il 25 Aprile 2020
Lettera di un giovane antifascista a Partigiane e Partigiani Caduti per la Libertà
[Giovanni Pesce, Comandante dei GAP – Gruppi di Azione Partigiana, tratto da Senza Tregua]
Care Partigiane e cari Partigiani,
sono trascorsi 75 anni da quel giorno indimenticabile, il 25 Aprile 1945, la Liberazione dal nazifascismo.
I vostri amici, con le orazioni ufficiali, le testimonianze nelle scuole, le chiacchiere in Sezione e al parco, i bicchieri di vino e le mangiate tutti insieme, i sorrisi, le strette di mano, ci hanno insegnato, emozionato e appassionato; vi hanno ricordato per tutta la vita.
La vostra generazione è quasi estinta, ma per noi siete sempre tutti presenti: proseguiremo quanto ci avete insegnato e trasmesso, e cioè che voi avete combattuto la Resistenza per la Libertà di tutti, per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro, come ha affermato il Comandante Bulow, Presidente nazionale dell’ANPI dal 1947 al 2006.
Oggi, per la prima volta dal 1945 senza corteo, senza orazioni, senza festa, in una situazione inedita a causa dell’emergenza sanitaria, vogliamo ricordare a tutti i nostri concittadini il senso del 25 Aprile.
Care Partigiane e cari Partigiani,
Ricordiamo il contributo di sangue per la Liberazione dal nazifascismo: le vittime della violenza squadrista, gli omicidi politici ordinati da Mussolini, i Caduti nella Guerra di Spagna, voi Partigiane e Partigiani Caduti in combattimento, i deportati razziali e politici, gli internati militari assassinati nei campi di sterminio nazisti, la vera e propria guerra contro i civili con stragi e massacri.
Ricordiamo che il fascismo fu portato al potere dalla monarchia Savoia, complice dei suoi crimini, e venne finanziato e sostenuto dai grandi gruppi di industriali e proprietari terrieri come strumento di controrivoluzione preventiva per fronteggiare con la violenza le masse popolari in ascesa che volevano diritti, uguaglianza, giustizia sociale.
I fascisti ancora oggi parlano di patria, italiani e di onore, abusando delle parole e del loro significato.
Mussolini è stato catturato dai partigiani mentre vigliaccamente cercava di fuggire all’estero, indossando una divisa nazista: riconosciuto, è stato giustiziato in quanto responsabile di vent’anni di crimini, omicidi, torture e soprattutto del disastro in cui aveva trascinato il popolo italiano, la fame, la guerra.
Care Partigiane e cari Partigiani,
eravate soprattutto proletari, contadini e operai, soprattutto giovani e giovanissimi cresciuti sotto il fascismo, e quindi avete scelto di ribellarvi, immaginando un’Italia diversa possibile, finalmente libera e democratica: vi chiamavano straccioni, banditi, terroristi, i nazifascisti vi davano la caccia e vi ammazzavano senza pietà, dopo torture indicibili e scempio dei corpi, grazie anche ad una fitta rete di spie di fascisti locali che denunciavano vicini di casa, compagni di scuola, colleghi di lavoro.
I vostri nomi sono impressi sui monumenti e li ritroviamo dedicati a strade, piazze, giardini, scuole: noi vi ricordiamo con fierezza e onore per il vostro sacrificio durante la lotta, chi ancora oggi attacca il 25 Aprile, offende la Vostra memoria e si pone fuori dalla democrazia, dalla storia e dalla civiltà.
Voi sognavate un mondo diverso, nelle riunioni clandestine delle soffitte e delle cantine in città, nelle cascine in campagna, attorno ai fuochi in montagna, nelle lunghe marce da un distaccamento all’altro, durante le notti alle postazioni di guardia mentre fischiava forte il vento, anche davanti ai plotoni di esecuzione, sognavate un mondo in cui si potesse tornare a casa senza paura delle ronde fasciste armate per darvi la caccia, un mondo libero in cui le classi subalterne avrebbero finalmente rovesciato il fascismo e fatto nascere un nuovo ordine sociale.
Care Partigiane e cari Partigiani,
La Resistenza è stato un movimento morale-politico-militare e ha significato più guerre insieme: una guerra patriottica, cioè di Liberazione nazionale dall’invasore nazista occupante, una guerra civile, cioè di Liberazione politica dai fascisti per un’Italia libera e democratica, e una guerra di classe sul piano sociale, cioè di Liberazione degli ultimi per maggiore uguaglianza e redistribuzione della ricchezza.
Inoltre le donne hanno combattuto una guerra in più, quella per l’emancipazione contro il patriarcato e la violenza maschile, per cui molto deve essere ancora fatto.
La Resistenza è stato anche un movimento popolare internazionalista: in Italia hanno combattuto partigiani jugoslavi, sovietici, polacchi, francesi, somali, così come migliaia di Partigiani italiani hanno combattuto in altri Paesi, basta pensare all’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo guidato dal Maresciallo Tito in cui erano inquadrati circa 40.000 italiani nelle Divisioni Garibaldi, Italia, nel battaglione Mameli, nelle tante formazioni che risalendo dal Montenegro nell’autunno 1943 distrussero militarmente tutti i nemici del movimento partigiano: gli ustascia croati, cetnici serbi, i domobranci sloveni, i nazisti tedeschi e i fascisti italiani. Un esempio di unità antifascista, oltre i confini nazionali.
Quello stesso internazionalismo è rappresentato oggi dalla solidarietà dei medici della Repubblica socialista di Cuba giunti da oltreoceano per aiutarci a fronteggiare l’emergenza sanitaria, o ancora dalle formazioni kurde in Siria contro l’ISIS, le Unità di Protezione del Popolo e Unità di Protezione della Donna (YPG e YPJ), dove è Caduto in combattimento Lorenzo Orsetti, giovane anarchico toscano, al cui funerale si cantava Bella Ciao, come per il pacifista Vittorio Arrigoni torturato e assassinato da jidaisti a Gaza.
La nostra patria è il mondo intero, siamo cittadine e cittadini del mondo, come ci stanno ricordando i Coordinamenti Arcobaleno dei Pride che si svolgono in tutto il mondo nel solco della rivolta di Stonewall del 1969, i ragazzi e le ragazze impegnate nel movimento internazionale Friday For Future, il movimento internazionale Non Una Di Meno, il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, i movimenti studenteschi e quelli per la pace.
Care Partigiane e cari Partigiani,
Noi riflettiamo sul fatto che a volte chi canta le canzoni partigiane, poi trasforma le lotte popolari per i diritti costituzionali in questioni di ordine pubblico, schierando addirittura l’esercito e militarizzando i territori, invocando i manganelli: come si può parlare di democrazia mentre si è promotori della repressione di chi protesta a seguito della riduzione dei diritti e degli spazi di partecipazione, oppure dello sdoganamento dei neofascisti attraverso il revisionismo storico, che descrive i nazifascisti di Salò come semplici “italiani” in buona fede?
I fascisti erano servi collaboratori dei nazisti ed eseguivano i loro ordini, aiutandoli a compiere stragi di civili e deportazioni nei campi di sterminio di circa 8.000 ebrei, considerati non italiani in quanto “razza inferiore”, e circa 33.000 deportati politici.
Noi pensiamo che oggi essere Antifascisti significhi essere consapevoli della propria storia e agire nel presente per trasformare la società, per gli ultimi e i bisognosi, non semplicemente per assisterli, ma per far acquisire loro coscienza, perché dal bisogno ci si deve liberare collettivamente tutti insieme.
Antifascismo oggi significa certamente il richiamo ai valori, ai simboli, ai protagonisti, alle canzoni delle lotte antifasciste e partigiane, ma anche a una lettura lucida e critica della realtà nella quale viviamo.
Care Partigiane e cari Partigiani,
Antifascismo per noi oggi significa comprendere quali sono le cause dei problemi che affliggono il nostro tempo, oltre il ronzio continuo della realtà virtuale dei media.
Antifascismo è una scuola di vita per la quale si deve sempre continuare a studiare, aggiornarsi, essere preparati, ed è componente essenziale per qualunque orientamento politico democratico.
Ecco perché vogliamo attuare la Costituzione repubblicana e la difendiamo ogni volta che qualcuno – non importa chi – tenta di stravolgerla.
Il problema non è la Costituzione troppo difficile da attuare, ma il fatto che i nostri rappresentanti in larga parte non la conoscano e non la rispettino, impreparati sul piano dei valori anche quando la evocano strumentalmente, promuovendo poi politiche razziste e autoritarie come i decreti sicurezza, o giurandoci sopra indegnamente, promuovendo politiche di indebolimento dei diritti come la precarietà del lavoro, la privatizzazione della scuola o della sanità, o ancora sdoganano razzismo e nazionalismo come “doverosa difesa dei confini nazionali”.
Il problema non è l’immigrazione, ma le motivazioni che spingono all’emigrazione: l’immigrazione è la conseguenza del problema, rappresentato da secoli di politiche coloniali, predatorie, razziste, genocide, di mercificazione di intere aree geografiche, di sfruttamento estremo delle risorse e delle persone, espropriate alle popolazioni native e consegnate ad aziende e industrie dei paesi occidentali che hanno potuto così costruire il proprio benessere sulla pelle di miliardi di altre persone.
Il problema non è la povertà dei molti, ma la ricchezza concentrata nelle mani dei pochi che si sono arricchiti sulla pelle dei molti, anche grazie alla subordinazione delle istituzioni democratiche al potere economico: la povertà è la conseguenza del vero problema, cioè precise scelte politiche che hanno portato progressivamente ad aumentare il divario tra ricchi, che sono sempre più ricchi, e i poveri, che sono sempre di più e sempre più poveri; è questo che sta portando alla scomparsa del ceto medio e al peggioramento delle condizioni di vita dei giovani rispetto alle generazioni precedenti.
Il problema non è il cambiamento climatico, ma le ragioni per cui si sta verificando sempre più rapidamente e con effetti sempre più disastrosi: il cambiamento climatico è la conseguenza del problema, rappresentato dall’attuale modello dominante fondato sul profitto, cioè sul privilegio dei pochi che schiacciano i diritti di tutti, bisogna cambiare sistema, è qui che si inserisce il movimento Friday For Future, che afferma che non basta occuparsi dell’acqua, dell’aria, della terra, per salvare l’umanità dal disastro ecologico, ma che bisogna davvero cambiare modo di pensare e di agire, sia sul piano individuale e sia sul piano collettivo, perché è così che si cambia il sistema, che si trasforma la società in senso egualitario e sostenibile, dobbiamo davvero ricordarci che la nostra specie è parte del mondo e non possiamo continuare a comportarci come se ne fossimo i padroni. L’impegno di questi giovani, in tutto il mondo, non è quindi limitato all’ambiente, ma si occupa della relazione tra umanità e astronave Terra e quindi all’organizzazione della società umana per il trionfo dei diritti e della giustizia sociale. Proprio come affermò Aurelio Peccei, antifascista torturato dai nazifascisti, precursore degli studi sui cambiamenti globali: “la pace deve essere intesa nel suo significato più profondo ed ampio di non violenza, non solo a tutti i livelli e settori della società umana, ma anche nelle relazioni tra società umana e Natura”.
Il tema del cambiamento climatico va ricondotto correttamente all’impegno per una nuova Liberazione, sia dalle guerre degli umani e sia dalla guerra tra umani e ambiente.
Il problema non è la violenza neofascista, il nazionalismo o l’odio razzista, ma la debolezza della democrazia incompiuta nella quale viviamo che permette il loro sdoganamento, caratterizzata da condizioni sociali precarie, di schiavitù dei più deboli, di abbandono delle periferie, di progressiva erosione dei diritti sociali e delle garanzie costituzionali: se la democrazia lascia un vuoto, i nostalgici del Duce lo riempiono e si prendono lo spazio che noi gli concediamo, il problema non è far chiudere le sedi fasciste che si mascherano da associazioni di utilità sociale, ma impedire che aprano, mediante campagne educative e culturali di massa.
Care Partigiane e cari Partigiani,
La Resistenza è stata incompiuta, troppi fascisti sono rimasti al loro posto e nessuno è mai stato processato per i crimini commessi nelle guerre di aggressione contro Etiopia, Grecia, Jugoslavia, Unione Sovietica, addirittura sono ancora in vigore norme fasciste che vengono applicate in forma repressiva anche in assenza di reato, come accaduto a Eddi Marcucci, volontaria italiana nelle YPJ kurde a cui sono stati inflitti ingiustamente 24 mesi di sorveglianza speciale, provvedimento politico del 1931.
Il fascismo è un “virus” da combattere, sempre e comunque, con intelligenza e con ogni mezzo necessario, in base alle condizioni del contesto nel quale ci troviamo.
I fascisti non hanno mai accettato la storica sconfitta del 1945, infatti i neofascisti dei criminali Rodolfo Graziani, Mario Roatta, Giorgio Almirante, Pino Rauti, Licio Gelli, hanno proseguito in Italia negli anni ’60-’70-’80 la loro guerra clandestina contro i civili – già condotta apertamente al fianco dei nazisti durante l’occupazione 1943-1945 – piazzando le bombe esplose nelle piazze, nelle stazioni, sui treni, provocando centinaia di morti e migliaia di feriti, senza contare i tentativi di colpo di Stato, tutti ascrivibili al neofascismo colluso con apparati istituzionali mai epurati alla fine della guerra e che hanno rappresentato la continuità del fascismo anche in epoca democratica.
Per questo Armando Valpreda guidò la rivolta partigiana di Santa Libera nel 1946.
Ogni aggressione neofascista perpetrata anche oggi contro persone ritenute “diverse”, nel senso di “inferiori”, rappresenta la prosecuzione di quella guerra e di quei crimini: non possiamo concedere alcuno spazio a chi si fa portatore di questo “virus”, incompatibile con la democrazia e i diritti.
In ogni generazione, i portatori del morbo provano ad attaccare i diritti, la solidarietà, la giustizia sociale, l’uguaglianza, quale forma più violenta ed estrema delle forze autoritarie e reazionarie, che sempre coltivano il progetto di indebolire la democrazia e annientare la libertà.
Care Partigiane e cari Partigiani,
In questi anni di rinnovamento, grazie all’esempio dei compagni che ci hanno preceduto come Gino Cattaneo, Luciano Manzi, Armando Valpreda, Antonio Falbo, abbiamo incontrato tanti compagni di viaggio, dalle istituzioni agli anarchici, dalle parrocchie ai centri sociali, dai sindacati ai comitati di borgata, dai collettivi studenteschi alle associazioni, dai partiti strutturati ai movimenti spontanei.
Per noi ciascuno può e deve dare, nel proprio ruolo e con le proprie specificità, un contributo determinante nell’espressione e nella pratica dell’Antifascismo, perché ciascuno è minoranza di fronte agli altri, perché uniti e diversi siamo completi e siamo più forti.
Vi salutiamo, giurando di impegnarci sempre per trasmettere alle generazioni future l’intelligenza, l’entusiasmo e la forza per lottare insieme, per quel mondo che voi non avete potuto vedere e che in larga parte dobbiamo ancora realizzare, nel solco della vostra memoria e del vostro esempio.
Anche dopo 75 anni dalla Liberazione, noi dell’ANPI vogliamo far risuonare il nostro richiamo, per radunare i delusi, i disciolti e i dispersi, chiamandoci tutti nuovamente a raccolta. Camminiamo insieme, fianco a fianco, e orientiamo il nostro comune impegno alla luce delle vostre stelle partigiane, di chi ci ha preceduto nella lotta, affinché noi fossimo liberi di portare avanti la nostra e terminare quanto ancora incompiuto.
Dobbiamo cambiare le cose, come ha affermato Lorenzo Orsetti nella sua lettera di addio lasciata a familiari e compagni: “Ogni tempesta comincia con una singola goccia. Cerchiamo di essere noi quella goccia”.
La guerra è finita, la Resistenza continua!
Viva il 25 Aprile, Viva la Resistenza!
Per il Comitato di Sezione A.N.P.I. “68 Martiri” di Grugliasco
Il Presidente
Fulvio Grandinetti
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